Cenni storici sulla Lira-Chitarra
La lira-chitarra è uno strumento dotato di grandi qualità timbriche, melodiche e armoniche ma attualmente poco conosciuto. Gli esemplari più interessanti dal punto di vista artistico e organologico sono conservati nei musei e in alcune collezioni private.
Gli strumenti che ho riportato alla luce sono copie uniche realizzate a Roma dal liutaio Gerardo Parrinello.
La prima (2003) da un originale del 1809 del liutaio napoletano Gennaro Fabricatore e la seconda (2020) da un originale del 1809 del liutaio francese Ignace Pleyel.
La storia è unica nel suo genere e molto affascinante. La lira-chitarra ebbe un momento di grande notorietà a Parigi tra la fine del Settecento ed il primo ventennio dell’Ottocento, momento che fu decisivo per l’evoluzione della chitarra.
Il nome ‘Lira-chitarra’ basta a chiarire le idee sulle sue origini: la forma è quella della lira greca con l’aggiunta del manico della chitarra là dove l’antica lira aveva solo delle corde tese tra la traversa e il ponticello.
Intorno alla metà del 1700, in Francia, fece la sua comparsa uno strumento che precedette la costruzione della lira-chitarra, comunemente chiamato: lira-francese. Aveva 7, 8 o 9 corde e un manico che terminava in sospensione. La scelta di applicare un manico interrotto verso la cassa fu adottato per sconvolgere il meno possibile le forme della lira antica. Era uno strumento difficile da suonare data l’estrema vicinanza tra i bracci laterali e la tastiera; produceva un suono debole ed era destinato esclusivamente all’accompagnamento.
Verso la fine del Settecento e i primi dell’Ottocento nasce la lira-chitarra, più comoda da suonare e con un suono più forte.
Il culto della lira-chitarra crebbe come infatuazione per le antichità greche, di gran moda presso le classi nobili della Francia pre-rivoluzionaria.
Lo strumento fu infatti adottato dalla classe media emergente dopo la Rivoluzione e durante l’epoca Napoleonica si diffuse in tutta Europa.
«Catturò l’immaginario della società dei Salon in poco tempo e con il cambio delle mode scomparve altrettanto velocemente. Il favore della lira-chitarra fu decretato e tenuto vivo per diversi decenni da coloro che potevano permettersi di acquistarla […]. L’idea era quella di creare uno strumento che fosse grazioso e fornisse un accessorio visivo per aiutare le signore alla moda ad assumere le pose aggraziate dei suonatori greci di ‘kithara’ […]. Il suo culto fu creato da uno stile che derivava la sua ispirazione dall’arte e dalla letteratura classica. Ne fu riconosciuto il valore nel momento in cui ad essa viene associata la nascita della propriamente detta ‘chitarra classica a sei corde’. La sua storia è perciò intimamente connessa con quella della chitarra» (Matanya Ophee, Soundboard, 1987).
Nel periodo Neoclassico questa attrazione per l’antichità abbraccia l’arte, l’architettura, la pittura e la musica. Si diffonde una vera e propria moda ‘stile classico’, i costumi e le usanze ricalcano i migliori modelli del passato, primo tra tutti quello del mondo greco-romano; ecco quindi che la chitarra diventa una lira-chitarra richiamando molto da vicino le forme dell’antica lira greca.
«La lira-chitarra allora si impone rapidamente, è una ‘meteora folgorante, splendente’; essa stava a simboleggiare un modello di strumento che serviva a colorire le serate dei Salòn parigini con quel tocco antico di mitologico, pastorale e favolistico» (Mario Torta).
Fu Pierre Charles Mareschal, noto liutaio francese che, tra la fine del 1700 e i primi del 1800, codificò ufficialmente lo strumento con l’appellativo di ‘lira-Anacreontica’. L’ispirazione gli derivò dalla poesia di Anacreonte, poeta greco vissuto tra il VI e il V sec. a.C. assunto a simbolo di tutto quel movimento di riscoperta poetica, il Neoclassicismo, che riportava in auge la letteratura mitologica greca, l’Arcadia, l’età dell’oro, il genere pastorale, tanto decantati dai lirici greci (Anacreonte, Archiloco, Alceo, Saffo).
Lo strumento ebbe un tale successo da essere considerato quasi uno status-symbol, uno strumento che non poteva mancare in una famiglia nobile. Tra i personaggi di spicco, suonavano la lira-chitarra l’imperatrice Maria Antonietta d’Austria, Madame de Staêl, George Sand, il tenore Fabri-Garat e il cantante Vogl, amico di Schubert, che possedeva un modello del liutaio parigino Michelot. In questo clima conviviale dei salotti bene lo strumento viene spesso associato al ‘gentil sesso’. Date le sue aggraziate forme, la lira-chitarra era destinata ad essere suonata principalmente e preferibilmente dalle donne.
Molti sono infatti i dipinti antichi e di importanti pittori dell’epoca che ritraggono dame abbigliate alla maniera greca che suonano una lira-chitarra tra i quali un dipinto di Jean Dominique Ingres che ritrae la famiglia di Luciano Bonaparte dove c’è una fanciulla con la lira-chitarra.
Tra i tanti modelli di Lira-chitarra le più belle e adatte ad essere suonate sia nel repertorio solistico che cameristico sono quelle che hanno 19 o 20 tasti che differiscono da quelle più piccole e prive di decorazioni a 14 tasti destinate prevalentemente all’accompagnamento al canto e con meno capacità sonora date le ridotte dimensioni.
Tornando quindi al modello a 19/20 tasti: dal punto di vista acustico, per via delle notevoli dimensioni della cassa di risonanza, ha un suono pieno e corposo, indubbiamente diverso da quello della chitarra romantica sua contemporanea.
Anche la tastiera differisce dalla chitarra: la lunghezza è la stessa, i tasti anche, ma mentre nella chitarra la congiunzione tra manico e cassa corrisponde al 12° tasto, nella lira-chitarra corrisponde al 19° tasto.
Per questo motivo c’è maggiore possibilità di sfruttare, con più facilità e maneggevolezza, tutta la tastiera fino agli ultimi tasti, non essendoci la cassa che impedisce lo scorrere rapido della mano sinistra oltre il 12° tasto. D’altro canto però la mano sinistra non è completamente libera come sulla chitarra a causa della presenza, nella lira, del braccio sottostante la tastiera; è opportuno quindi assecondare con i propri movimenti l’andatura del braccio dello strumento. Ovviamente una mano più piccola, come quella di una ‘fanciulla’ ha una maggiore capacità di spostamento.
Esistevano vari tipi di lira-chitarra dalle forme più disparate e spesso notevolmente ornate con decorazioni di stampo neoclassico: i bracci potevano essere curvi come la lira o prendere, ad esempio, sembianze di antiche colonne stile imperiale terminanti con teste d’aquila contrapposte o con capitelli molto decorati. La paletta poteva assumere forme di corone imperiali, stemmi di famiglia, fregi in stile greco-romano. La cassa era spesso decorata in ogni modo possibile: intarsi, figure rappresentanti scene mitologiche, disegni di genere floreale…
La maggior parte degli strumenti aveva inoltre, nella parte inferiore, un basamento, anch’esso più o meno decorato, che serviva per poggiare elegantemente a terra lo strumento.
La lira-chitarra, potendo ottenere una notevole sonorità è adatta oltre che a rendere ottimamente nel repertorio solista anche a concertare in vari organici da camera, accompagnando il canto, in duo con il violino (o il flauto), in trio con il canto e il violino (o il flauto), fino ad arrivare a concertare addirittura con un’orchestra da camera.
Il repertorio, ricercato e originale, abbraccia musiche di alcuni tra i più autorevoli compositori dell’Ottocento chitarristico. Scrivono per lira-chitarra: Ferinando Carulli, Matteo Carcassi, Mauro Giuliani, Francesco Molino, Fernando Sor, Salvador Castro de Gistau, Pierre Jean Porro, Etienne Jean Battista Pastou, Antoine Marcel Lemoine, Alois Franz Simón José Molitor…
«L’orizzonte espressivo di questa musica è fortemente apparentato al carattere conviviale, amabile e giocoso della musica di fine XVIII secolo. Nei testi infatti è sempre presente il richiamo a situazioni amorose stereotipate o a raffigurazioni pastorali e su tutte aleggia un sentimento incline alla tenerezza e alla commozione proprio dello stile galante di metà Settecento». (Mario Torta)
Verso il 1815 comincia a scomparire la destinazione per lo strumento (‘guitare ou lyre’) sui frontespizi dei metodi. La ‘lyre-guitare’ subisce un declino o, per meglio dire, ‘passa di moda’ intorno alla metà del secolo, per lasciare di nuovo il posto alla chitarra. Ha una vita breve e ben definita: circa 40-50 anni tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento. Eppure, anche se breve, la sua storia è stata significativa.
I MIEI STRUMENTI:
Il modello Fabricatore:
ha un’ampia tavola di risonanza in abete mentre fondo e fasce sono in acero fiammato. La tastiera è in ebano con 19 tasti fissi di metallo ed ha un diapason di 63 cm; le estremità dei bracci sono collegate tra loro da una traversa in ottone che ha una funzione puramente decorativa, per meglio imitare le fattezze dell’originale lira. La buca centrale e le due laterali ricavate nei bracci sono a forma di mezza luna, disegno decorativo che assume anche la paletta sulla quale è stata ricavata una cavità a forma anch’essa di mezza luna.
Il modello Pleyel:
ha la tavola armonica in abete, fondo e fasce in acero occhiolinato e la tastiera di serpentino (‘Piratinera Guianensis’) con un diapason di 61 cm. Sono state apportate alcune modifiche rispetto all’originale. La tastiera ha 18 tasti e la tavola armonica sovrappone di 15 mm il manico rimanendo al livello della tastiera, mentre l’originale ha 17 tasti e la tastiera termina alla congiunzione manico/cassa. Le due buche laterali hanno un intarsio in legno argentato di forma floreale con un disegno diverso dall’originale. La paletta, in acero occhiolinato e palissandro, ha la forma di mezzaluna arrotondata con bischeri per l’accordatura mentre l’originale ha forma rettangolare con un sistema di tensione delle corde a vite. Le traverse terminano con due piccole pigne decorative, entrambe in argento, che non sono presenti nell’originale. Sul basamento l’originale riporta una targhetta con il nome del liutaio e la data di costruzione che non è stata riprodotta nella copia, così come l’incisione ‘Fabry-Garat’ sulla placca in argento applicata alla paletta. L’originale è decorato con pitture d’ispirazione classica, realizzate dal pittore Pierre Guérin, in cui figurano: a sinistra, una donna che suona la lyra con accanto un cherubino che scrive su un foglio con una penna piumata; a destra, un uomo con la corona d’alloro che suona una lira-chitarra ‛a colonne’ insieme ad un altro cherubino che protende la mano per pizzicarne le corde. Lo strumento venne commissionato dal Sig. M. Somma Riva che ne fece omaggio al tenore Fabry-Garat, il cui nome è inciso sulla paletta. Le pitture Neoclassiche sono state riprodotte minuziosamente.
Cito infine alcuni strumenti (collocati tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento) che spesso oggi vengono confusi o associati alla Lira-chitarra come la Chitarra-lira di Luigi Mozzani, la Mandolira, l’Arpolira, l’Arpachitarra, la Mezzalira o Lira ad un’ala etc, che nulla hanno a che vedere, sia musicalmente che organologicamente, con la Lira-chitarra.
La valenza musicologia del progetto che presento e sul quale lavoro dal 2002 è data dalla sua stessa originalità: per la prima volta si riscopre e si rivaluta uno strumento e un repertorio dalla notevole importanza storico-artistica rimasto fino ad ora sconosciuto al pubblico e spesso anche agli stessi musicisti/chitarristi che dal 2020 circa si stanno gradualmente avvicinando allo studio di questo strumento.
(ultimo aggiornamento: marzo 2023)